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Urlare, scappare, ignorare.

La mia capo urla.
Il mio capo urla.

Ci sono persone che urlano. Sono parecchie.
Quando urlano la mia reazione è molto chiara: cerco di allontanarmi il più possibile.

Leggo su internet:

Urlare ha uno scopo evolutivo: avverte il gruppo di una minaccia o di un pericolo. È un istinto che condividiamo con gli animali e che ci aiuta da tempo immemore. Potremmo descriverla come una vocalizzazione primaria, come quella dei neonati e che spesso informa i genitori dei loro bisogni.

In base a queste informazioni dovrei pensare che la mia capo ha paura.

Devo razionalizzare questa informazione. Se lei urla, ha paura. Non devo avere paura io. Non devo essere io a scappare.

Tuttavia…

Chi urla non è più padrone di sé, ha perso il controllo, può quindi essere vissuto come una persona fragile e insicura, che minaccia, ma non passa mai alle conseguenze. – Oppure anche no – Non è dunque un adulto affidabile ed autorevole, non è un punto di riferimento. Basta perciò aspettare che passi la buriana e tutto tornerà come prima, senza grosse conseguenze.

L’urlo poi può anche essere preso per un attacco, un comportamento aggressivo che sollecita nell’interlocutore un atteggiamento di difesa. E come ci si può difendere da un genitore urlatore? Ignorandolo, facendoci l’abitudine, per cui i rimproveri urlati diventano niente di più di un fastidioso rumore di sottofondo…

Più ci rifletto e più mi dico che starei meglio lontana da certe situazioni.

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