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Programmare

Giugno è iniziato caldo e afoso.
Piove e l’aria sa di tigli più degli altri anni perché gli alberi sotto alla strada sono finalmente cresciuti.
Per chi è allergico non deve essere una grande notizia.

Qualche giorno fa, una decina di giorni fa, ho incontrato un tizio.

Avevamo un appuntamento all’ultimo piano di un bel palazzo con le pareti in vetro. Al pian terreno avevo incontrato una russa con cui avevo collaborato anni fa e che mi aveva accolto con l’entusiasmo con cui si saluta un parente lontano che non si vede da tempo.
Quando sono salita con l’ascensore, mi sono trovata davanti un open-space molto grande in cui erano collocate a distanza tre scrivanie. Un ambiente piuttosto vuoto e minimalmente piacevole: cemento e vetro. L’uomo con cui dovevo parlare era seduto alla sinistra della porta a vetro.

Abbiamo parlato per circa tre quarti d’ora. Lui mi incalzava di domande, io rispondevo sorridendo, ricordandomi di tenere la schiena dritta e di non accavallare le gambe, ma semmai di incrociare le caviglie e nient’altro, perché il linguaggio del corpo è chiaro. Infatti lui, piuttosto aggressivo, era un po’ chino in avanti, sulla scrivania e verso di me.
Non mi è piaciuto particolarmente, ma mi credo che mi piaccia quell’azienda. L’idea che fatturino qualche decina di milioni di euro e che l’età media sia sotto i trent’anni mi affascina. Forse però mentono perché ad oggi non trovo ancora pubblicato il loro bilancio 2017.
Quando gli ho detto che a breve conto di frequentare un altro corso di programmazione, perché mi piace, perché tra dieci anni spero di non lavorare obbligata ancora in un ufficio per otto o più ore – ma questo non gliel’ho detto – ha tirato su leggermente una spalla e deve aver detto “… anche no“.

Suppongo che intendesse dire che sono troppo vecchia per una cosa del genere, per programmare.

Nei giorni scorsi ho lavorato su alcune ricerche e mi sono imbattuta in molte foto di direttori aziendali, general manager e simili e ho lucidamente realizzato che non erano affatto anziani, ma forse miei coetanei o anche più giovani. In passato ricordo invece che foto simili le avrei associate a persone “anziane”.

Vorrei avere maggiore coscienza di me stessa. Non mi sento troppo vecchia per la programmazione e credo di poter dimostrare discreti risultati, comparabili con buone possibilità di vincita su lavori dei miei compagni di corso, eppure comprendo la velocità di riflessi di chi ha vent’anni meno di me. Insomma, va bene, ma non benissimo.

Sempre in ufficio, non più tardi di ieri, ho spiegato ad un collega quarantenne, e pertanto più giovane di me, inserito nella tecnologia ad un livello medio, che esiste un’applicazione che si chiama whatsappweb e che se in excel vuole passare col cursore alla cella precedente esiste una funzione di tastiera. Lui mi aveva infatti guardato allibito perché non usavo il mouse. Certo, potrei addurre a suo sfavore che mi ha chiesto in almeno tre situazioni differenti se sono mancina dal momento che uso il mouse con la sinistra: no, mi piace usare entrambe le mani.

Sempre ieri americano a cui chiedevo informazioni sull’età, poiché non presente nel suo curriculum, mi ha risposto che negli Stati Uniti è discriminazione chiederla.

Segnali discordanti per il mio posizionamento.

Andrò in palestra per non pensarci troppo su.

Soundtrack: Maneskin – Morirò da re

 

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