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Dieci punti da ricordare al lavoro

In questi giorni sto lavorando molto e spesso sbuffo. Quella che segue è una lista di cose da ricordare. Il testo seguente, che contiene alcune volgarità, è stato elaborato a spizzichi, con una bozza che piano piano ha presto consistenza, prendendo spunto da diverse vicende accorse nei mesi scorsi.

1. C’è sempre qualcuno che sta sopra di te
Quando mio cugino ha dovuto rispondere ad un mio pretendente che gli chiedeva che tipo ero, Marco ha risposto: è una donna in carriera. Io scherzando rispondo che sono piuttosto una donnola in corriera ma soprattutto poi quello che penso, e che spesso affermo, è che non ho di meglio da fare e quindi lavoro.
Sono in una situazione per molti versi ottimale: faccio qualcosa che mi piace e vengo pure pagata dignitosamente.
Spesso ho accesso alla stanza dei bottoni. Lì mi ritrovo talvolta con delle persone che hanno la gara nel sangue: devono primeggiare su tutto, dalla tessera punti per il supermercato al figlio più bello da votare per il concorso di un’azienda di pannolini. Ha senso? La vita, anche se offerta in dotazione temporale limitata, è un’autostrada dove hai sempre qualcuno avanti oppure un percorso dei 200 metri in velocità? Punti di vista.

2. L’entusiasmo paga
Nella stessa stanza dei bottoni, talvolta anche nei foyer in realtà, trovi qualcuno che è in zona buffet da molto tempo oppure che è arrivato da poco ma ha trovato la sua dimensione ideale ed è là che pastura. Mi capita di dover lavorare con queste persone che hanno ormai nel sangue l’affaticamento da lavoro.
Il loro discorso più o meno é questo: faccio per quello che mi pagano. La mia personale opinione è che sia un atteggiamento molto controproducente. Tralasciando l’irritante atteggiamento, ritengo che non porti nè alla felicità dell’individuo lavoratore, che in definitiva si autoconfina in un cantuccio, rendendo le sue giornate tristi, nè all’eventuale miglioramento dell’incarico o ad altre gratificazioni decise dal capo.

3. Se non sei il capo di te stesso, considera che il tuo lavoro è accontentare il tuo capo
Concetto difficile per chi non ha attitudine alla gerarchia, fosse quella militare, quella dei boy scout o quella molto vicina al rispetto per la nonna e il nonno.
Per quanto il nostro capo – e tutti ne abbiamo di solito uno, fosse egli il presidente di turno, il caporedattore o il padrone della baracca –  sia un emerito imbecille, spesso semi analfabeta, siamo lì per la pagnotta: possiamo non andare per niente d’accordo con lui, ritenere che sarebbe bello che il NAS gli facesse un controllo o anche che vincesse all’enalotto pur di levarcelo dai coglioni, ma lo scopo è accontentarlo. Un capo va accontentato. Se lui è felice, tu probabilmente stai meglio. Il dipendente è lì per agevolare il lavoro del capo e non per creare complicazioni: il capo chiede una cosa? Tu puoi proporgli la soluzione a) o b) eventualmente, ma non una mazzetta di 130 possibilità diverse che lui poi dovrà anche approfondire.
Tra l’altro il capo si può anche far fesso, si sa.

4. Non puoi chiedere qualcosa se ti sei appena comportato male
Quanto segue lo scrive una persona che per prima è stata schiava per molti anni, sia ben chiaro.
Non sono tutti geni, è un dato statistico, e la percezione del “mi è dovuto per contratto nazionale” spesso è un concetto certo quanto l’efficacia della medicina omeopatica, tuttavia quello che non comprendo è perché ci siano delle persone ostinate che avanzano pretese economiche o relative a permessi pur non lavorando bene.
Mi spiego meglio? Un cliente si lamenta del tuo lavoro, te lo dico, e tu durante la stessa conversazione mi chiedi un aumento di stipendio?
L’applicazione di trattamenti di lavoro “per legge” é dovuta a prescindere dal fatto che si lavori bene, è vero, ma è indisponente la pretesa da parte di chi non comprende che il lavoro è sì un diritto ma dovrebbe corrispondere ad un impegno e a dei risultati. E’ indisponente in prima battuta per chi lavora seriamente.
Vale quindi il concetto che se chiedi qualcosa quando hai appena svolto male il tuo lavoro, forse potrai ottenere ciò che chiedi, ma il tuo capo probabilmente se la legherà al dito oppure molto semplicemente non la otterrai e ci farai pure la figura dell’imbecille.

5. Se non muovi il culo con che coraggio ti lamenti
Il mio pensiero è legato a … a Maometto. Ve lo ricordate il detto: se la Montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna? Io il mondo del lavoro lo vedo così. Mi pare chiaro che la risposta sia solo una, vero?
Dato un problema, bisogna ingegnarsi per trovare soluzioni. Ci sono cose che non le puoi cambiare, quindi non resta che cambiare quello che si può cambiare.

6. Il tuo capo ha una memoria diversa
Quello che tu dimentichi, è plausibile che il tuo capo se lo ricordi: prima di tutto è il capo e quasi sicuramente avete livelli di priorità diverse. Se per altro il tuo capo ha una pessima memoria in generale, ma ovviamente per la legge di Murphy si ricorderà tutte le telefonate personali che hai ricevuto in orario d’ufficio, sarà bello e apprezzato che tu gli ricordi con ragionevole anticipo che stai per assentarti per un giorno dal lavoro o che c’è una riunione tra tre giorni.

7. Il tuo capo ha un concetto del tempo diverso
E’ un po’ come per certe relazioni amorose: tu sei lì che guardi il telefono da tre giorni sperando che squilli e l’altro manco s’è reso conto che non era ieri che vi siete sentiti ma una settimana fa. Con il capo è la stessa cosa. Un’attenta lettura e ascolto dei suoi desiderata potrebbe portare ad un gradimento da parte sua dei vostri servizi. In definitiva è probabile che ci siano cose di cui non glie ne sbatte un’emerita minchia e altre per cui vi vuole già prostrato ai suoi piedi con il report in mano il lunedì mattina alle ore 8.01.

8. Nulla vieta tacere
Tacere con un bel sorriso, può servire. Se poi quel sorriso è beffardo, lo saprai solo tu e i tuoi amici al bar quando dopo lavoro racconterai la vicenda. Come diceva la nonna, se conti prima di parlare, talvolta è meglio. Se poi conti e proprio non ce la fai a farti uscire qualcosa di buono, non è grave se ti trasformi in alcuni casi da loquace brillante manager a filosofo pensatore. In questo modo anche il tuo interlocutore forse si zittirà e soprattutto è ragionevole pensare che da questo mancato confronto con te anche lui non trarrà beneficio. Chiarisco con un esempio: il tuo capo se ne esce con una stronzata che non condividi assolutamente? Se hai già provato in passato una volta a fargli cambiare idea e non ha funzionato, concedigli di essere pirla fino in fondo e che siano i fatti contrari a venirgli incontro o anche altre persone con cui avrete a che fare. Taci! E lascia che si prenda ogni merito. Per altro forse lui sarà anche contento di non dover discutere con un dipendente pedante e fastidioso.

9. Fai prima quello che devi e non quello che vorresti
Diciamo che sei una persona ingegnosa e che di stimoli ne ricevi molti, oltre a quelli che già ti nascono la notte. Il concetto è che non puoi pensare di promuovere l’azienda su Twitter se devi ancora smaltire pile di pratiche che attendono sulla tua scrivania. Un giorno il tuo capo potrebbe svegliarsi e chiederti di fare un bello schemimo che indichi tutte le attività richieste che hai ricevuto negli ultimi sei mesi, la data in cui sono pervenute, i giorni dell’evasione dell’ordine. Potrebbe pure succedere che il capo non faccia fare a te questo schemino ma che chieda di farlo al tuo collega che non avrà certo l’accortezza di mentire sui giorni di stallo.
Se proprio non sai come fare, lo schemino con il giorno di arrivo del lavoro, fattelo da solo e controllati prima che qualcuno te ne chieda conto. Normalmente quando arriva il momento del controllo è sempre troppo tardi per porre rimedio.

10. Fai anche quello che vuoi ma assicurandoti d’aver fatto prima quello che devi
Ogni capo sospetta o sa che il dipendente cazzeggia durante le ore di lavoro. Se tuttavia la ragionera dipendente intende scrivere email a Groupon, al marito in trasferta in Cina, al medico primario all’università di Padova per chiedere dettagli su un medicinale che il suo farmacista non trova, alla figlia interessata a sapere che c’è per pranzo, all’architetto per la ristrutturazione della casa dei nonni, al commercialista per il controllo del 730, alla segreteria studenti per l’attestato di esami del figlio e saltuariamente prenota voli per le vacanze in Grecia, potrebbe essere buona cosa che la suddetta usi la posta privata a cui ha accesso tramite internet e non quella dell’ufficio.
Perché infatti se il dipendente porta avanti comunque il lavoro assegnatogli e per lo meno non ha pretese di segnare delle ore di straordinario, allora tutto potrebbe filare comunque liscio. E’ probabile tuttavia che il capo sia comunque infastidito e quindi non sia sempre solare con il dipendente ma, come direbbe qualcuno, cazzi suoi.

Un commento

  1. […] Ieri il capo mi ha chiesto se sono le mie aspettative lavorative sono stata soddisfatte nel tempo. Mi ha colto di sorpresa. Non ho fatto in tempo a mentire. Così mi è uscito un flebile ed indeciso “Sì”, invece di una piena ed entusiasta conferma. […]

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