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In vacanza da una vita

Non so da dove iniziare. Ok, dalla fine. Mi sono fatta un pianto davanti ad uno che avevo conosciuto da venti minuti. Prima di pranzo sono andata a cercare un po’ di fresco, diciamo come sto facendo ora, mi sono seduta su un divanetto all’ombra ed è venuto a parlare con me un tipo. Si presenta: Paolo, medico, milanese, secco, biondino, stempiato, occhio turchese. Beve un Gin Tonic e ha uno zainetto nero. Di dove sei? Cosa fai? Con lui non avevo voglia di fingere o giocare troppo perché aveva l’aria di chi non avrebbe giocato con me. Mi racconta che è figlio unico, abbiamo quasi la stessa età: domani è il suo compleanno. Conosce un ragazzo con cui ero uscita anni fa una sera, un idiota figlio di papà. Il papà nello specifico era il mio ex datore di lavoro, ma questa è un’altra storia.
Mi chiede come mai sono qui da sola. Rispondo. Lui tra un racconto sintetico e l’altro mi dice che è una persona insofferente. Gli chiedo se è sempre cosi magro. Si. Qui fa immersioni tutte le mattine. E’ figlio unico, suo padre era proprietario di una importante casa editrice, ma non l’aveva fondata lui bensì altri due signori. Provo ad immaginarmi la vita di chi è cresciuto in un ambiente tanto stimolante. Gli chiedo come era.la sua libreria, di che colore. Così prende il suo telefono dallo zaino e mi fa vedere tre foto. Nella prima c’è un bellissimo ragazzino biondo con una benda piratesca su un occhio; la fascia è bianca e ha disegnato un sole rosso giapponese che si vede a metà. Mi dice che è lui mentre posava per Vogue. Poi scorre due foto di casa sua. La libreria non è grande come immaginavo ma c’è un’unica lunga mensola che scorre sopra i divani color caffè. Mi colpiscono due quadri con geometrie psicadeliche tra il giallo e il marrone. Fuma delle Marlboro rosse. Io bevo dell’acqua da una bottiglietta. Mi fa vedere la fotoo di un amico. Si è suicidato poco tempo fa. Lo guardo nei suoi occhi colore del mare. Mi ripete che lui, sì, si sente irrequieto. É stato per dei mesi con una ragazza russa, che io immagino splendida, giovane e molto attraente. Si erano conosciuti al mare, mi pare mi abbia detto a Zanzibar. Lei però era sposata, così si incontravano in giro per il mondo, di nascosto. Lei l’aveva solo sfruttato, mi dice, e comunque è finita. Mi dice che si è preso un libro dalla libreria di casa. E’ in inglese, aggiunge un po’ snob. Sembra un prontuario per il raggiungimento della felicità. Ha la copertina gialla, sembra che arrivi dall’India. Ha un timbro sulla prima pagina: Accademia di… Non mi ricordo…
Lui vuole cambiare vita. Stiamo parlando da forse quindici minuti e io so già così tanto, troppo. Mi dice che ha fatto cose terribili, che deve cambiare ma si sente irrequieto.
Ha passato gli ultimi due anni in delle cliniche per disintossicarsi dalla cocaina, e forse altro. Soldi. Poco prima avevamo parlato anche di quello, di come la salute e il tempo siano le cose più preziose. Soldi: se lui vincesse al totocalcio forse impazzirebbe, dice. E mi invita a pensare a tutte le persone che, se vincessi io, mi cercherebbero per chiedermi qualcosa. Chi? Penso io. Non mi ci vedo ad impazzire per i soldi. Non credo che a questo punto della mia vita potrebbe succedermi.
Mi racconta della clinica inglese in cui è stato, condividendo la camera con un noto cantante. Gli chiedo se mi prende in giro, ma è tutto molto verosimile. Lo guardo. Io non scherzo più da un po’, mi tengo la testa con il braccio sinistro.
E piano piano capisco quanto è triste, quanto sia in una situazione difficile, da cui decisamente non è uscito. E sta qui, il medico, in questo posto che é un paradiso, senza auto e milioni di stelle ben visibili la notte. E io inizio a piangere, un sacco.
Domani è il suo compleanno.
Auguri Paolo.

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