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Il gioco delle tre carte

Sto giocando di nuovo con le mie carte.
Sto partecipando al gioco delle tre carte. Le carte sono ancora tutte coperte ma il destino me le ha fatte vedere più volte, seppur velocemente.

La carta del re di spade l’ho intravista appena appena, poche sere fa: il re era ricco ma non ricchissimo, con il viso da bulldog ma gentile, vestiva una polo marrone ed era formale ed essenziale. L’ho vista solo una volta e non so se sarò in grado di riconoscerla subito, con il veloce passaggio delle mani. Mi ha detto che avrei avuto modo di sbirciare lì sotto nuovamente.

Poi c’è la regina di denari. Lei sì che è ricca. E’ ricca e temporaneamente, credo, anche zoppa. Probabilmente si era ferita sciando a Saint Moritz, mica cadendo nella vigna o dall’alta scalinata del palazzo. L’ho guardata per un po’ e lei ha guardato me, circondata dai suoi aiutanti, nella sala d’accoglienza del castello. Anche questa carta l’ho vista una sola volta, e mi chiedo se la promessa di farsi rivedere, verrà confermata. Lei l’ho bene in testa, con i suoi capelli lunghissimi e sciolti, come se fosse una ragazzina, e quell’anello con catenella al polso, come se fosse una reale araba.

Infine c’è il tre di bastoni, che forse proprio perché è tre, ho visto per ben tre volte, potendo cogliere i tre visi delle tre teste: il commerciale, l’amministrativo, il tecnico.

Le mani del destino si muoveranno rapide e sicure e io ad un certo punto dovrò decidere. Non sono in grado di fare una classifica per priorità come mi ha suggerito lui. Nella mia testa c’è piuttosto una matrice di righe e colonne con pesi indefiniti.

Non potrò aspettare. Forse, ecco, potrei non giocare. E non giocare mi ricorda il Subcomandante Marcos. Potrei non scegliere.

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