Possiedo una casa. Questa casa ha un giardino. Non è uno spazio molto grande, qualche centinaio di metri, ma è apparentemente in grado di creare problemi. Il vero dramma di questo spazio è che è totalmente e irrimediabilmente incolto. Diciamo che solitamente il giardino è, in una casa, l’ultima cosa da fare. Io, che tendo ad adeguarmi a ciò che è solito – se anni di evoluzione hanno portato a questa conclusione, non vedo perché io debba in qualche modo percorrere strade nuove – fino a pochi mesi fa, non me n’ero mai preoccupato.
Pochi mesi fa è successa la primavera, alla quale è succeduta l’estate. Questo ha scatenato un inarrestabile rigoglio di piante infestanti e erbacce che renderebbero una cena in giardino un’esperienza da preparare con un corso base di sopravvivenza.
Questa vegetazione è inarrestabile e imbattibile, germoglia e si moltiplica senz’acqua e quando la guardi sembra ridere di te che sogni il prato inglese. Tutte le contromisure hanno sortito effetti temporanei e non hanno risolto il problema. Sono finito addirittura in versione mondina a estirpare le infestanti una alla volta – almeno mi prendo questa soddisfazione, stronze – ma niente di definitivo.
Ho pensato, come gesto estremo, di contattare il tenente colonnello Kilgore. 4 elicotteri, la cavalcata delle valchirie e una pioggia di napalm sul mio giardino.