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Friend in need, friend indeed

Stamattina mi sono svegliata prestissimo, ossessionata probabilmente dall’idea che dormire troppo può lasciare sul mio viso il segno del cuscino. Nei miei momenti di intimità ho aspirazioni ad essere simile a Blair Waldorf, per tanti e tanti motivi non elencabili in questo post.

La prima cosa che faccio ultimamente è prendere il mio HTC e cercare su Youtube la prima canzone che ho in mente.  Poi caffè, doccia, trucco e parrucco.
Stamattina nel mentre mi arriva un messaggio. Penso che forse è il seguito di quello che mi ha svegliato stanotte, inviatomi dal bagnino elettricista che desidera ardentemente regalarmi le sue coccole. Sì, “regalarmi”: c’è infatti in lui una nota di arroganza natalizia e imperterrita mancanza di concretizzazione. Ad ogni modo, non era lui. Era Vale, bisognosa d’aiuto. Mattina inoltrata e mi chiama Fa: trentatreminuti di conversazione e confronto.

E questo mi ha fatto venire in mente che:
1) esiste una maledizione che accompagna questa settimana i possessori di un Pax?
2) mi capita sufficientemente spesso che amici lontani, che praticamente non sento mai, mi cerchino per informarmi a spot che hanno un bel casino per le mani.
Tra questi ultimi posso citare:
– M: la compagna l’ha lasciato e s’è portata via il figliuolo: M. aveva ovviamente appena comprato casa per la felice famigliola. Adesso nel week end lui fa marmellate di albicocche prese dall’albero del suo giardino.
– P: ancora non ho capito bene che malattia abbia ma forse la scampa e non muore, almeno sicuramente non quest’anno; scoperta la cosa da un giorno all’altro, era stato costretto ad un ricovero in ospedale e non poteva più farsi kilometri e kilometri di corsa. Così ora che sta meglio par che abbia iniziato con la bicicletta.
– altro M: non ce la fa più ad alzarsi alle 6.30 tutte le mattina per un lavoro che non lo gratifica, vuole conoscere nuova gente, la sua nuova giovane passione era un calesse e soprattutto l’amore eterno l’aveva lasciato concedendogli la visita delle due creature, quando si può. Dice che scappa ad Ischia per tre giorni.
Loro mi scrivono, senza un ciao, e mi aggiornano laconicamente magari dopo sei mesi dall’ultima volta, come se ci fossimo appena sentiti al telefono o visti al bancone del bar. Tempi moderni e io ne sono gratificata: scrivono a me mica ne parlano in confessione con il prete! E io rispondo.
Credo che nella vita ci sia bisogno di persone che non ci giudichino, che stiano lì ad accompagnarci nella vita ed essere testimoni delle nostre vicende e decisioni, che siano lì ben salde negli anni. Abbiamo bisogno di certezze, di riferimenti che nel tempo siano presenti. La vita è imprevedibile, oggi come lo è sempre stata. Ma all’eterna imprevedibilità oggi si aggiunge una situazione in cui i rapporti umani sono sempre più fragili: la libertà che ci viene concessa ci porta a cambiare gli schemi con tanta leggerezza che le scelte degli altri, non più definitive per convenzioni, religione o fermezza di carattere, possono travolgerci come spettacolari e distruttive tempeste in mare aperto.
Controlliamo quello che è possibile, per il resto forse conviene navigare sempre a vista. E scriviamo a qualcuno lontano per farci forza di quello che siamo capaci di fare, nonostante tutto. Se lo diciamo a chi è troppo vicino rischiamo magari poca soddisfazione e di pacche sulle spalle ne abbiamo bisogno tutti, non ci bastiamo da soli.

Soundtrack: Placebo – Pure Morning

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